Giornalini di epoca fascista

image 141165La storia del rapporto tra fascismo e giornalini per bambini è un argomento complesso e non lineare, costellato da un lato da alcuni momenti di luce, caratterizzati da innovazioni tecniche e contenutistiche e, dall’altro, da molte zone d’ombra, nelle quali la censura e la propaganda del regime finiscono irrimediabilmente per insinuarsi fra le righe della carta stampata, piegandola alle esigenze del momento. Nel corso degli anni Venti e Trenta, infatti, la stampa periodica per ragazzi vive in Italia un momento d’oro, caratterizzato da una grande crescita del mercato. A suscitare l’interesse dei bambini e dei ragazzi è soprattutto il fumetto, che già nel secondo decennio del Novecento ha cominciato a espandersi in Italia e che, sotto il fascismo, vive la sua definitiva affermazione. Lo stesso Partito Nazionale Fascista, comprendendo fin da subito la portata del fenomeno, dà alle stampe prima “Il Giornale dei Balilla” nel 1923 (in seguito chiamato solo “Balilla”) e poi “La Piccola Italiana” nel 1927: si tratta dei settimanali delle organizzazioni giovanili del regime che, allacciandosi allo stile grafico del “Corriere dei Piccoli”, danno molta risonanza ad eventi politici come la guerra d’Etiopia, l’autarchia e le leggi razziali. Oltre alle illustrazioni con didascalie rimate tipiche della tradizione italiana, che continuano ad essere molto apprezzate grazie a periodici come “Il Cartoccino dei Piccoli” (1929), le nuove generazioni scoprono i fumetti d’importazione, caratterizzati dai balloons. Complici anche gli ottimi rapporti vissuti in quel periodo fra il regime fascista e gli Stati Uniti, fra il 1933 e il 1935 sono in particolar modo i personaggi americani a conquistare i cuori dei giovani lettori che, attraverso testate come “Il Monello” (1933), “Rin-Tin-Tin” (1933), “L’Audace” (1933), “L’Avventuroso” (1934), “Bombolo” (1934), “Intrepido” (1935) e “Primarosa” (1933), possono leggere le avventure di eroi d’oltre oceano come Flash Gordon, Mandrake, Tarzan e Braccio di Ferro. Si tratta spesso di racconti avventurosi e popolati da eroi sprezzanti del pericolo, il cui tono certo non dispiace alla propaganda del regime. Nel 1932, inoltre, compare nelle edicole il settimanale “Topolino”, edito prima dalla Nerbini di Firenze e, dal 1935, dalla milanese Mondadori, che porta per la prima volta in Italia i personaggi creati da Walt Disney. Tuttavia, anche l’epopea del fumetto americano in Italia è destinata a finire. Nel 1938 una direttiva del Ministero della Cultura Popolare impone «l’abolizione completa di tutto il materiale di importazione straniera». Ciò comporta una grave crisi per gli editori, che tentano in qualche modo di contenere le perdite. Se la Mondadori ottiene qualche parziale concessione per continuare a pubblicare “Topolino”, il quale sembra fosse il giornalino preferito dai figli più piccoli di Mussolini, altre case tentano di sviluppare la scuola fumettistica nostrana, che aveva preso il via già da qualche anno grazie alla stessa Mondadori e ad autori e illustratori come Cesare Zavattini, Walter Molino e Rino Albertarelli, e a testate come “Argentovivo!” (1936) e “Il Vittorioso” (1937).

                                                                                                                                                             Alessandro Montesi

Materiali in mostra

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Piera Storari 24 Ottobre 2023